
Disegno e articolo di Roberto Salvetti
Sei decenni di gare sono tanti, molte cose sono cambiate, sia dal punto di vista tecnico (ma soprattutto tecnologico), sia per quel che riguarda la partecipazione di pubblico.
Su quest'ultimo aspetto, va ricordato quanto gli appassionati dei cosiddetti "anni d'oro" si ammassavano ovunque per assistere non solo al "Trofeo Vallecamonica", ma a qualsiasi altra gara automobilistica in salita. Oggi purtroppo non è più così, anche se nuove generazioni di sportivi e amanti del Motorsport pare abbiano iniziato ad avvicinarsi con sempre maggiore interesse a questa categoria di gare (non ce ne voglia la Formula 1, ma la cronoscalata è molto più appassionante se non altro per la sfida a filo di centesimi ingaggiata di volta in volta dai concorrenti) e il numero degli spettatori torna ad essere in costante ripresa. Va detto che gli interessi delle masse si sono moltiplicati con il passare del tempo: una "Malegno-Borno" cinquant'anni fa rappresentava il grande evento di chiusura della stagione estiva in montagna, ancora non si partiva per quei weekend "alternativi" che con relativa facilità oggi ci consentono di raggiungere mete internazionali in breve tempo e con poca spesa. Sono aumentate anche le organizzazioni di eventi di rilevante importanza e, quando la scelta si amplia, ognuno sceglie quello più alla propria portata.
Sebbene siano sopravvissute alcune vetture storiche che, anticipando la gara delle "moderne", salgono verso Borno ponendo a confronto di oggi quali fossero le difficoltà dei piloti di ieri nel portarle al limite, delle gare di un tempo sì è invece pressapoco estinta la generazione dei "pionieri" della velocità: quelli che con molta passione, ma spesso pochi mezzi economici, riuscivano comunque a garantire la loro presenza e a contribuire alla crescita della manifestazione fino a ritrovarsi ancora a distanza di decenni, ormai divenuti professionisti, a misurarsi con i campioni della nuova guardia.


Ieri e oggi: un tratto del percorso che da Malegno porta a Borno, periodo precedente l'asfaltatura. Sono visibili i "due ponti" (da qui il nome con cui è noto questo tornante) (foto © Archivio Magnolini - Lombardia Beni Culturali). Lo stesso tratto fotografato nel 2019.
Ma cosa rimane oggi delle gare in salita? Consideriamo che oramai da anni la "Malegno-Borno" è rimasta l'unica gara di questo genere rimasta in tutta la Lombardia, malgrado Brescia "terra di motori" potesse vantare diversi prestigiosi appuntamenti, come la "Monte Maddalena", la "Piancamuno-Montecampione", la "Passo Maniva" o la "Val Saviore" solo per citare le meno datate.
Benchè gli standard di sicurezza del mezzo meccanico siano progrediti a livelli elevatissimi, la componente del rischio è sempre presente, complice anche la considerevole progressione in velocità delle vetture odierne. Dati alla mano, se nel 1964 un concorrente giungeva a Borno da vincitore in circa cinque minuti, oggi può coprire la medesima distanza - con in più la variabile delle tanto discusse chicanes artificiali- in poco più di tre minuti e mezzo. Sostanzialmente i tracciati di queste gare, pur via via subendo delle modifiche e degli adeguamenti necessari per il traffico di tutti i giorni, mantengono la loro struttura originaria (a tutt'oggi chiaramente riconoscibile anche comparando con le fotografie dell'epoca) e quindi l'evoluzione tecnica delle vetture portate in gara, unitamente alla fiducia del pilota nel mezzo stesso, ci danno l'illusione che il grado di rischio possa sembrare ridotto al minimo ma non è così: infatti, l'incidente occorso un anno fa ad un esperto campione come Luigi Fazzino in una gara in Sardegna (fortunatamente senza gravi conseguenze) ci ricorda che i sistemi di sicurezza sono imprescindibili e che anche in questi casi non abbassare la guardia è stato - e sempre sarà - di grande importanza.
Questi
sono i "fondamentali" affinchè le amate corse in salita,
appuntamenti oggi molto ridimensionati di numero in Italia
rispetto al passato, possano continuare a vivere.


Ieri e oggi: il "Panzen" negli anni '60 e nel 2024 (© Museo Camuno della Fotografia Storica - © Facebook - Fanpage "Cheidelpanzen")


La stessa curva: nel 1964 e, a destra, dopo 60 anni
(foto a destra di Leandro "Karburo" Zanin)